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Psicologo e psicoterapeuta Bologna

7 October 2025

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Chiamati anche disturbi somatoformi, nei disturbi psicosomatici l’individuo lamenta sintomi fisici che sembrano indicare una disfunzione di natura organica, talvolta di notevole entità; tuttavia per questi sintomi non è possibile identificare alcuna causa fisica, né fisiologica. L’insorgenza di questi disturbi si rivela tipicamente correlata con qualche esperienza stressante. Tra i disturbi somatoformi (o psicosomatici), vi è il disturbo algico, caratterizzato dalla presenza di dolore. Si ritiene che qualche fattore psicologico giochi un ruolo importante nell’esordio, nel mantenimento, e nella gravità del dolore. Il disturbo di dismorfismo corporeo viene diagnosticato quando una persona si preoccupa di un difetto fisico immaginario o attribuisce un’importanza esagerata a una piccola anomalia. Alcuni soggetti afflitti da questo disturbo trascorrono parecchie ore al giorno controllando allo specchio il proprio “difetto”; altri giungono al punto di eliminare tutti gli specchi nell’ambiente in cui vivono per evitare di doversi confrontare continuamente col loro supposto difetto. L’ipocondria è un disturbo somatoforme caratterizzato dalla paura di avere una grave malattia, paura che persiste nonostante le rassicurazioni mediche. Le persone che ne soffrono si sottopongono ripetutamente a visite mediche ed esami diagnostici, ed è probabile che soffrano di disturbi dell’umore o d’ansia. Reagiscono in maniera esagerata a sensazioni corporee che rientrano nella norma o ad alterazioni di lieve entità (per esempio, un battito cardiaco irregolare, una sudorazione più abbondante del consueto, un occasionale accesso di tosse, un mal di stomaco o qualche altro piccolo dolore), considerandole una conferma delle loro convinzioni. Nel disturbo di conversione, sintomi riguardanti le funzioni sensoriali o le funzioni motorie volontarie, come un’improvvisa cecità o paralisi, sono tali da suggerire una malattia causata da un danno neurologico di qualche tipo, ma gli accertamenti e le indagini cliniche non evidenziano alcuna alterazione agli organi o al sistema nervoso. Benché fisiologicamente normali, questi soggetti possono esibire paralisi parziale o totale degli arti superiori o inferiori; convulsioni e alterazioni della coordinazione; sensazioni di pizzicore, formicolio o brividi sulla pelle; perdita o menomazione della sensibilità tattile o dolorifica, un fenomeno detto anestesia. Anche la visione può presentare alterazioni gravi, che vanno dalla cecità, parziale o totale, alla visione a tunnel, in cui il campo visivo risulta ristretto come se la persona stesse guardando attraverso un tubo. L’afonia, cioè una perdita della voce tale da consentire di parlare solo sussurrando, e l’anosmia, ovvero la perdita o l’alterazione dell’olfatto, sono altri tipi di disturbo di conversione. La natura esclusivamente psicologica dei sintomi di conversione è dimostrata anche dal fatto che, in genere, essi compaiono all’improvviso durante situazioni stressanti, consentendo alla persona di evitare qualche attività o responsabilità, o di concentrare su di sè un’attenzione di cui ha estremo bisogno. Il termine “conversione” è di derivazione freudiana. Freud riteneva che l’energia di una pulsione istintuale rimossa venisse deviata verso i canali sensomotori, bloccandone il funzionamento; si credeva, pertanto, che l’ansia e il conflitto psicologico venissero trasformati – convertiti – in sintomi fisici. Effettivamente alcune persone affette da questo disturbo appaiono poco preoccupate, persino serene, e non mostrano un particolare desiderio di liberarsi al più presto dei propri sintomi, né li mettono in connessione con una qualche circostanza stressante in cui si trovano. Una volta i disturbi di conversione erano raggruppati sotto il termine “isteria”. Ippocrate la considerava un’affezione limitata al solo sesso femminile e causata dal vagare dell’utero all’interno del corpo. Isteria deriva infatti dalla parola greca hystèra, che in greco significa “utero”. Si presumeva che l’utero, muovendosi, esprimesse simbolicamente il desiderio del corpo di generare un bambino.

Nel 1859 il medico francese Pierre Briquet descrisse per la prima volta una sindrome che inizialmente venne chiamata col suo nome, ovvero sindrome di Briquet, oggi classificata dal DSM come disturbo di somatizzazione, che consta di lamentele fisiche ricorrenti e molteplici che portano i soggetti a richiedere le cure dei medici, ma che non sembrano avere causa organica. I criteri diagnostici di questo disturbo vedono la presenza di un certo numero di sintomi dolorosi, gastro-intestinali, sessuali e pseudo-neurologici. I sintomi specifici del disturbo possono variare da una cultura all’altra, inoltre il disturbo ha un’incidenza maggiore nelle culture in cui viene scoraggiata la manifestazione delle emozioni.

Per tutte queste problematiche la psicoterapia è la strada maestra per acquisire consapevolezza della situazione e del quadro psicologico della persona, per intraprendere un processo di cura che porti alla risoluzione di queste complesse problematiche.

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