Un disturbo di personalità è definito come un modello costante di esperienza interiore e di comportamento che devia notevolmente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questi modelli sono pervasivi, inflessibili e provocano disagio e compromissione del funzionamento sociale e lavorativo. Sebbene i sintomi dei disturbi di personalità facciano riferimento a caratteristiche che tutte le persone possiedono di quando in quando e in misura variabile, un vero e proprio disturbo di personalità è caratterizzato dal manifestarsi di certi tratti in forme estreme. La personalità che ognuno sviluppa nel corso degli anni riflette modalità peculiari e persistenti con le quali vengono affrontate le difficoltà dell’esistenza, un certo stile nel porsi in relazione con gli altri. Per parlare di disturbi le modalità di comportamento devono essere costanti, pervasive e disadattive. Una considerazione importante da fare in ambito diagnostico attiene al fatto che i disturbi di personalità vengono codificati nel cosiddetto asse II del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – DSM, e sono spesso associati agli disturbi psicologici qui descritti, codificati però in un’altra sezione, l’asse I. In tal senso, i disturbi di personalità tendono a fungere da contesto ai disturbi di asse I. I disturbi di personalità identificati sino ad oggi sono dieci, codificati in tre gruppi. Il gruppo strano/eccentrico comprende il disturbo paranoide, il disturbo schizoide e il disturbo schizotipico di personalità. Il gruppo amplificativo (emotivo)/imprevedibile include il disturbo borderline, il disturbo istrionico, il disturbo narcisistico e il disturbo antisociale di personalità. Il gruppo ansioso/timoroso raggruppa invece il disturbo evitante, il disturbo dipendente e il disturbo ossessivo-compulsivo di personalità. Una peculiarità rilevante dei disturbi di personalità sta nel fatto che questi, diversamente dai disturbi di asse II come possono essere i disturbi d’ansia o dell’umore (e altri anche qui descritti), raramente vengono percepiti dagli individui che ne soffrono come problematiche cui trovare delle soluzioni. Questa caratteristica viene chiamata “egosintonia”, diversamente dai disturbi di asse II che vengono percepiti dalla persona che ne soffre come vere e proprie difficoltà di cui liberarsi e che per questo vengono detti “egodistonici”. Un’altra peculiarità dei disturbi di personalità coerente con l’egosintonia è l’“alloplasticità” e significa che la persona tende a voler cambiare l’ambiente esterno piuttosto che delle sue caratteristiche interne. Per questi motivi è raro che una persona decida di intraprendere un percorso psicoterapico autonomamente ed è più frequente che lo faccia su richiesta di familiari o persone a lui vicine che trovano difficile e problematico relazionarsi con lui. I tratti che caratterizzano i disturbi di personalità sono spesso troppo radicati per cambiare completamente. Come Millon (1996) – uno dei più noti studiosi di questa branca della psicologia clinica – fece notare, può essere più realistico trasformare un disturbo in uno stile di personalità, un problema in una modalità generale e adattiva (funzionale), benchè peculiare, di affrontare l’esistenza.
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